Tosco | Aspettando i Naufraghi | E-Book | www.sack.de
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E-Book, Italienisch, 220 Seiten

Tosco Aspettando i Naufraghi


1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-7521-987-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 220 Seiten

ISBN: 978-88-7521-987-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Tra i partecipanti a una festa sfrenata che si conclude con un suicidio collettivo, Massimo è l'unico a non premere il grilletto. Eppure la fine è vicina, per tutti. La guerra incombe, e i Naufraghi stanno arrivando. In pochi mesi, quello che inizialmente sembrava soltanto un gruppetto di invasati è cresciuto in modo inarrestabile, tanto da sovvertire l'intero ordine globale. L'unica caratteristica che lega i suoi componenti è l'abbandono di ogni comunicazione verbale. I Naufraghi si esprimono mediante le loro azioni, azioni che sono violente, distruttive, definitive. Per uccidersi o farsi ammazzare, un posto vale l'altro, Massimo lo sa bene. Ma all'ultimo momento decide di trascorrere il poco tempo che gli rimane con Piero, suo padre, confinato all'Hospice San Giuda, un sanatorio incastonato tra le valli di un entroterra che somiglia molto a quello ligure. Massimo non è mai riuscito ad accettare la malattia del padre, ma ora, sentendosi ugualmente spacciato, è lui ad avere bisogno della sua presenza. Un analogo cambio di prospettiva consentirà anche agli altri abitanti dell'Hospice di resistere al peso della disperazione. Che si tratti del Dottor Malandra, timido chirurgo morfinomane; di Guido, infermiere, alcolista, ultras; di Olga, suora in lotta contro la felicità e contro il proprio passato, tutti comprenderanno l'ultima, possibile verità: che ci può essere speranza senza speranza. Con uno stile potente e attraverso continui sconfinamenti nel fantastico, Orso Tosco riesce a darci una rappresentazione quanto mai reale delle motivazioni segrete che ci spingono a vivere, fino all'ultimo respiro. E, forse, persino dopo.

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1


Due persone distese sul letto, nel buio leggero di una stanza con le finestre aperte e le persiane socchiuse. I loro corpi nudi sono illuminati dal bagliore freddo delle sigarette elettroniche. Ogni boccata, una piccola luce blu che rischiara i visi (lui ha le labbra carnose, lei una frangetta nera), il seno, bagnato e morbido, il movimento ritmico del respiro che si allontana dall’orgasmo. Oppure una spalla, quella dell’uomo, su cui l’amante ha tracciato una linea rossastra con i denti o forse con le unghie. Da fuori, dal mondo oltre le persiane, rimbomba un chiacchiericcio ubriaco che procede a ondate, mischiato a un rumore di bottiglie, e sedie, per poi spegnersi improvviso. Un geco resta immobile e capovolto al centro del soffitto, ed è il primo all’interno della stanza a ricevere un segnale dall’inizio dell’alba. L’animale è ancora racchiuso nel buio della notte, ma la coda già s’intravede.

L’uomo e la donna appaiono assorti in pensieri privati e distanti. L’unica intimità che li lega è la vicinanza dei loro corpi sudati, con la caviglia di lei abbandonata sopra quella di lui, ma sbadatamente, senza affetto, piuttosto come ci si dimentica una portiera aperta o un paio di guanti sopra una panchina. Appena avverte un leggero formicolio alla gamba, lei sposta immediatamente il piede e lo lascia ricadere in un angolo di lenzuolo fresco e ruvido, lontano.

Ma l’uomo non si accorge di nulla. Né del geco né del cambio di posizione. È concentrato a non pensare a ciò che sta pensando. Si sforza di fissare una strana ombra apparsa all’improvviso sul soffitto, sulla parte di soffitto vicina alla finestra. Più che un’ombra, è un’immagine proiettata ma al tempo stesso sbiadita, come se fosse stata riprodotta su dell’acqua giallognola, o sopra una superficie sabbiosa. L’uomo che fuma e suda, disteso accanto a questa donna più alta e più bella di lui, riesce a distinguere i contorni della figura apparsa sul soffitto ma non a spiegarsi l’origine dell’apparizione. Mentre nuove figure umane si uniscono alla prima. Uomini e donne che si abbracciano e poi si spingono via, bevono alla bottiglia gettando la testa all’indietro, o lanciano oggetti. Il rumore degli oggetti scagliati e distrutti giunge all’interno della stanza seguendo il filo logico delle immagini, facendo intuire all’uomo sdraiato come quelle figure proiettate sul soffitto, quelle figure indistinte, altri non siano se non i suoi amici e le sue amiche che continuano la festa in giardino. E che le persiane, per qualche legge che lui non sa spiegare, fungano in questo inizio d’alba da obiettivo, e la stanza in cui lui si trova da camera oscura.

Gli piacerebbe scorgere i volti dei suoi amici con maggior chiarezza, amerebbe restare a spiarli sapendosi invisibile, ma la visione è priva di dettagli tanto accurati. Unica certezza è che la donna sdraiata vicino a lui non ha notato, o semplicemente non è interessata, a quell’apparizione anomala. Mentre lui è intento a contemplare il suo film di ombre, lei si alza in piedi con un pigro movimento da giraffa, illumina il centro della sala con il bagliore della schiena e si pulisce lo stomaco con il lenzuolo, facendo roteare lentamente la testa per sgranchirsi il collo. Indossa quindi una vestaglia nera e lucida, il cui tessuto leggero si lascia docilmente riempire e disegnare dalle spalle e, una volta stretta in vita, dal profilo morbido dei fianchi, che sembrano pane caldo. Poi, senza voltarsi verso l’uomo, esce dalla stanza chiudendosi la porta dietro.

L’uomo resta sdraiato a osservare le figure in azione sul soffitto. Si comprime leggermente il collo con le mani, e aspetta. Strozzandosi per sentire il sangue che pulsa, l’uomo sdraiato aspetta di veder apparire anche lei, la donna alta con la frangetta, all’interno della sua proiezione privata. E lei infatti appare, si unisce ai corpi proiettati. L’uomo è in grado di riconoscerla perché persino all’interno di quella proiezione sbiadita, che scolora con l’aumentare della luce, i suoi capelli lunghissimi e scuri la fanno apparire sdoppiata, quasi indossasse la propria ombra come un mantello.

L’uomo pronuncia il nome della donna per dimenticarlo, inizia a prepararsi. Si alza in piedi, infila un costume da bagno e una maglietta bianca e cammina verso l’angolo più buio della stanza. L’angolo in cui, da chissà quante ore, accanto a una bottiglia di gin calda e a una ciotola di ghiaccio ormai sciolto, giace un altro uomo. L’uomo in costume da bagno gli solleva la testa, disegnando un filo di bava che dal pavimento ondeggia e risplende sino alla bocca dell’uomo privo di sensi e che, se subito non si spezzasse, verrebbe scambiato dal geco per una ragnatela. L’uomo in costume da bagno solleva il capo dell’uomo svenuto, lo scuote, lo schiaffeggia. L’uomo che sembrava morto apre finalmente gli occhi. Riconosce il viso dell’amico e sorride.

Si guarda attorno confuso, provando a riabituare gli occhi alla veglia, massaggiandosi il volto caratterizzato da zigomi forti e guance grasse. Somiglia a un prigioniero docile, o più semplicemente rassegnato. L’uomo in costume da bagno lo aiuta a rialzarsi in piedi. I due abbandonano la stanza ridendo senza motivo. La luce del giorno li abbaglia e li costringe a fermarsi all’inizio della scalinata che dal piano superiore conduce al salotto. I lati della ripida scalinata sono delimitati da pile di libri. L’uomo in costume da bagno, dopo così tante ore di oscurità, è costretto a mettere a fuoco l’immagine che si trova di fronte procedendo per singole aree. Per primo giunge il bagliore proveniente dalle vetrate che delimitano l’ampio salone, le finestre e le porte scorrevoli oltre le quali s’intravedono alberi di limoni e alberi d’arancio dai rami irregolari e scuri. Poi, l’uomo in costume da bagno riesce a riconoscere il tavolo di legno nero, enorme, che occupa la parte principale del salone, tavolo a sua volta occupato da bottiglie, bicchieri e specchi segnati dai rimasugli delle droghe e dalla saliva delle ditate. L’uomo che sembrava morto perde l’equilibrio e fa cadere una pila di libri. I libri crollano sul pavimento e rimbalzano vicino alla coppia di divani bianchi, posizionati a elle, sopra i quali alcuni uomini e alcune donne si stanno carezzando e baciando. Hanno le pupille dilatate e le mani maldestre, rovesciano spesso il contenuto dei loro bicchieri per terra e sul divano. Ma l’uomo in costume da bagno non lo nota: è troppo impegnato a scendere le scale impedendo all’uomo che sembrava morto di cadere: è troppo indaffarato a trovare un accordo con la luce dell’alba, che già sembra sul punto di convincersi a diventare giorno.

I due riescono a raggiungere la fine della scalinata. L’uomo in costume da bagno appoggia delicatamente a terra l’amico, vicino alla colonna centrale. L’odore legnoso del tabacco e quello dolciastro degli alcolici che rendono il pavimento appiccicoso si mischiano al profumo proveniente dalle porte a vetri spalancate: un sentore di mare, al tempo stesso vicino e lontano, di sale filtrato dall’aroma forte delle piante di pomodoro e dall’odore un poco nauseante e tondo del glicine, dal sudore degli uomini e delle donne che ballano nel patio. Patio che ruba spazio al giardino e che gli fa da prefazione, per poi assottigliarsi e diventare un percorso di pietre d’ardesia, e tagliare lateralmente il giardino stesso, circondato dai fusti delle piante di bambù. L’uomo in costume da bagno esce dalla casa e avverte immediatamente la pressione della luce sulla pelle e un forte dolore alla testa, ma anche il fresco della pietra sotto i piedi. Raccoglie un paio di occhiali da sole che qualcuno ha dimenticato in terra e li indossa. Restando immobile vicino a chi balla nota una donna molto bella e sottile, con le narici del piccolo naso leggermente cerchiate di bianco, che gli fa segno di seguirla. Lui osserva quella donna rossa dalle labbra sottili e dal collo lungo. Le guarda le gambe magrissime e affusolate, con la pelle annerita in alcuni punti e chiara in altri, di un chiarore pacifico e soffice.

L’uomo pronuncia il nome della donna per dimenticarlo. E la segue. Percorre il sentiero di pietra allargando le mani verso il basso, in modo da percuotere ritmicamente le canne di bambù e sfiorare i morbidi cespugli di felci dal lato opposto (eppure nulla è più morbido del passo della donna che cammina con i suoi lunghi piedi ossuti, sapendosi osservata ma pensando a tutt’altro). L’uomo in costume da bagno cammina lentamente, e lentamente ripete i nomi degli amici e delle amiche presenti alla festa, ripercorre i volti e le voci, provando a cancellare tutti i loro tratti distintivi. Senza motivo smette di camminare e alza gli occhi ubriachi verso l’alto, si lascia convincere dal colore del cielo a spingere il proprio sguardo verso le montagne, ancora scure, ammantate di quello che resta della notte. Segue il loro profilo ombroso, che di valle in valle pare accartocciarsi su se stesso e che invece declina, a strappi, o attraverso ripide diagonali, verso il mare.

Ma il mare è troppo gonfio di luce e modellato dal vento, il mare non accetta sguardi ubriachi. Nonostante gli occhiali da sole, l’uomo che indossa il costume da bagno è abbagliato. Chiude gli occhi. E quando li riapre non trova più la donna che stava seguendo. Allora si volta a osservare i ballerini, i loro gesti esagerati e ampi, i loro passi falsi, i loro baci eccessivi. Ritrova la donna con la frangetta con cui ha da poco condiviso il buio della stanza. Ricorda il suo nome. Non è riuscito a dimenticarlo. Lo pronuncia ancora una volta. Le sorride. Ma lei non lo vede. Balla avvinghiata a un ragazzo giovane e...



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