E-Book, Italienisch, 160 Seiten
Uras / Girimonti Greco Io e Proust
1. Auflage 2014
ISBN: 978-88-6243-241-2
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 160 Seiten
ISBN: 978-88-6243-241-2
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Dopo aver letto Alla ricerca del tempo perduto, l'adolescente Jacques Bartel ne è a tal punto affascinato da instaurare un rapporto ossessivo con Marcel Proust. Nel corso degli anni l'ossessione si acuisce fino a diventare malsana. Proust entra prepotentemente nella vita del protagonista, trasformandolo in una sorta di paria, incapace, peraltro, di avere un rapporto stabile con una donna. Jacques finirà col rendersi conto che l'autore della Recherche è in realtà il responsabile di ogni suo fallimento. Decide così di sbarazzarsene, ma il compito si rivelerà tutt'altro che semplice...
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Le mie prime letture della Recherche furono ovviamente imperfette. Non riuscivo a capire tutto, e spesso la sintassi del mio maestro mi metteva al tappeto. Schiacciato da una frase di dieci righe, perdevo ogni punto di riferimento. Sapevo che, quando è travolta da una valanga, la vittima deve urinare per ritrovare l’orientamento, per capire se ha la testa verso l’alto o verso il basso. Nel mio caso urinare non mi sarebbe stato di grande aiuto: dov’era il soggetto, dov’era il verbo, di che cosa, esattamente, si parlava? A essere sinceri, come ogni lettore che si rispetti, in quei momenti confusi passavo alla pagina successiva facendo finta di aver capito il brano che avevo appena letto e già dimenticato. Non mi vergogno di dire che per anni alcune pagine di Proust mi rimasero oscure come la più oscura delle poesie di Mallarmé. E del resto come mai capita di sentire tante persone che alla radio e in televisione sostengono di rileggere periodicamente la Recherche? Semplicemente perché, proprio come me, non sono mai riuscite a leggerla per intero e quindi sono costrette a rileggerla ogni volta daccapo. Perché ostinarsi su una cosa tanto difficile? Per verificare se intellettualmente hanno fatto progressi rispetto al loro ultimo incontro con Proust. Spesso l’esito è negativo: “Non importa,” si dicono “sarà per un’altra volta. In questi ultimi tempi sono stressato, stanco, al lavoro le cose non vanno bene, mia moglie mi dà sui nervi, e anche i bambini. Riprenderò la lettura in un altro momento.” E così la Recherche continua...
La mia sete di conoscenza mi portò ben presto verso altre letture, tutte tecniche e dedicate a Proust. Scoprii la critica proustiana e la sua abissale profondità. Come assimilare tutte quelle idee? Come capire chi dice il vero e chi il falso? Di solito condividevo l’opinione dell’esegeta di turno. Per semplificare le cose, cambiavo idea come ci si cambia d’abito. Il mio distacco dall’opera non era sufficiente, e mi ci vollero anni prima di farmi un’opinione personale e arrivare a un’interpretazione tutta mia. Avrei tanto voluto essere sostenuto e aiutato in quelle mie riflessioni dai miei genitori. Purtroppo, come ho già detto, Proust non gli interessava. Del resto, non interessava neanche ai miei amici. Così passavo la maggior parte del tempo da solo e non avevo nessuno con cui condividere la mia passione. Cercai tuttavia, in più di un’occasione, di inserire Marcel nella vita delle persone che mi erano vicine. Il questionario di Proust fu a tal fine una delle mie esche preferite. Proust ha risposto a quelle domande quand’era ancora adolescente, sul finire del XIX secolo. In quegli anni quel genere di questionario (Il tratto principale del mio carattere, La qualità che desidero in un uomo, Il mio principale difetto...) era di moda nell’alta società. Gli adolescenti li usavano per esprimersi e per svelarsi. Marcel ne rimase affascinato per ben due volte. Una vera miniera, per gli studiosi che indagano sulla nascita del genio. Oggi nutro qualche dubbio sull’interesse di quelle sue risposte adolescenziali (la prima volta doveva avere circa quindici anni): sono davvero così importanti? In sostanza veniamo a sapere che Proust vuol bene a sua madre e al resto della sua famiglia e che non vuole separarsene. Originale. Ciò nonostante, mi ci sono cavato gli occhi, come tutti.
Ho sottoposto il questionario a quasi tutte le persone che ho incontrato nell’arco della mia giovinezza. Passavo ore intere a ricopiare le domande, mi ci dedicavo anima e corpo. Abbellivo i contorni dei fogli con piccoli simboli enigmatici che avevo visto su antichi arazzi. In quanti hanno risposto? In tre, quattro... Si prendevano tutti gioco di quel questionario datato, concepito per ricchi rampolli d’altri tempi. Ma la cosa peggiore era che i miei parenti non sapevano cosa rispondere a quelle domande così ricercate.
Mio zio Gilles, per esempio, al quale avevo regalato una delle mie versioni più riuscite del questionario, come avrebbe potuto rispondere alla voce I miei pittori preferiti? Oppure alla voce Le mie eroine preferite nella finzione? Zio Gilles avrebbe risposto molto volentieri (me lo rivelò qualche anno dopo), ma il solo pittore che conosceva era lui stesso. Eh sì, aveva appena ridipinto la facciata della catapecchia in cui abitava. Quanto alla seconda voce (Le mie eroine preferite nella finzione), c’erano perlomeno due termini troppo complicati per il suo comprendonio: eroina e finzione. Il primo, a dire il vero, non gli era nuovo, ne aveva sentito parlare al telegiornale: era un tipo di droga. Il secondo invece non gli diceva nulla. Quand’era ragazzo un suo professore gli diceva sempre che per capire una parola difficile bisognava pensare a una parola simile. Ora, “finzione” somigliava a “funzione”, quindi doveva essere qualcosa che aveva a che fare con la religione. Comunque alla fine zio Gilles rinunciò a far luce su quel mistero della fede e non mi restituì mai più il questionario. La prova del suo disinteresse mi fu data una domenica, in occasione di un pranzo a casa sua. A un certo punto fui spedito in cantina per prendere una bottiglia di vino. Lo zio mi disse di usare della carta vecchia per togliere la polvere dalla bottiglia. In cantina ce n’era un mucchio, era lì apposta. Tra quella “carta vecchia” riconobbi il mio questionario, lasciato in bianco. Lo piegai, me lo misi in tasca e risalii senza dir niente a nessuno. Mai e poi mai avrei potuto usarlo per pulire una bottiglia sporca! Ripensai a Marcel che lo aveva scoperto grazie a un album della sua amica Antoinette Faure (la figlia di Félix Faure, il Presidente della Repubblica!). Si intitolava: An Album to record thoughts, feelings etc. Marcel avrebbe mai osato togliersi il fango dalle scarpe con quell’album? Zio Gilles non sapeva proprio stare al mondo, e neanche gli altri... Che fine avevano fatto i miei questionari, che avevo diramato a destra e a manca a tutta la parentela? Meglio non saperlo. Da allora, dopo quella deprimente esperienza, decisi di lasciar perdere, di compilare i questionari al posto dei miei parenti e di immaginare le loro risposte. Fu quella la mia prima esperienza di scrittura.
In breve tempo mi ritrovai fra le mani una caterva di questionari. Li possiedo ancora e quando mi viene voglia di ricordarmi meglio di uno dei membri della mia famiglia che non c’è più mi diletto nella rilettura di quei documenti. Anche se non sono stati loro a scriverli, faccio finta che sia vero il contrario, proprio come i bambini che, quando cominciano a giocare, dicono: “Facciamo che io ero il poliziotto.” Secondo me i critici non si comportano in modo molto diverso: si immaginano che il tale autore abbia voluto dire la tale o la talaltra cosa, e alla fine se ne persuadono. Insomma, sono dei bambinoni che giocano con i libri e che possono dire un po’ quello che vogliono, tanto gli autori di cui si occupano sono morti, quindi nessuno andrà da loro a lamentarsi. Così, alla domanda Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia? mia madre avrebbe certamente risposto: “Che il mio piccolo Jacques fosse omosessuale.” La sua ossessione era peggiorata quando era venuta a sapere che sul figlio dei vicini pesava il sospetto che fosse attratto dai ragazzi. Infatti non aveva la fidanzatina e, cosa ancora più grave, aveva espresso il desiderio di far parte del coro della scuola. Per sua madre era davvero troppo: solo agli invertiti piace cantare nel coro. Un pomeriggio la vicina venne da noi a “vuotare il sacco” con mia madre. Ascoltai tutto, nascosto nel bagno (le pareti del nostro appartamento erano sottili come fogli di carta velina, e quello era il posto ideale per origliare). A un certo punto la donna, singhiozzando, rivelò persino che il suo Cédric aveva detto al professore di musica che da grande voleva fare il parrucchiere. Lei non poteva proprio accettare una cosa del genere. Mia madre, di fronte a tanta disperazione, le consigliò di prendere immediatamente un appuntamento con il nostro dottore: lui sì che avrebbe saputo come guarire suo figlio. Tale consiglio scaturiva da una buona intenzione (e da una paura reale), ma bisogna anche dire che mia madre non aveva certo grandi competenze mediche. Probabilmente s’immaginava che il nostro dottore avrebbe prescritto al ragazzo una pozione anti-inversione. Più la ascoltavo e più mi dicevo che, se avessi continuato ad adorare Proust con tanto ardore, anch’io sarei finito un giorno dal dottor Perret. All’improvviso bussarono alla porta del bagno, era mia madre: “Jacques, tutto a posto, ti senti bene?” Risposi che stavo bene, che stavo leggendo e che non mi ero accorto del tempo che passava. “Stai cominciando a stufarmi con questo Proust, se continui così te lo sequestro. Vede, Michelle, anche il mio Jacques mi dà tanti pensieri.” Uscii dal bagno e mi trovai davanti a quelle due chiacchierone che mi fissavano in silenzio. Mia madre mi guardò le mani per cercare di capire che libro stessi leggendo (per fortuna ne avevo sempre uno con me). Quanto alla vicina, mi osservò come uno che avrebbe potuto passarle il virus di una gastroenterite. Spaventato da quella sua attenzione eccessiva, la salutai da lontano e me ne tornai quatto quatto in camera mia.
Qualche anno fa una ditta di abbigliamento ha comprato i diritti di utilizzo del questionario di Proust. Grazie a loro adesso è possibile leggere le risposte di un ragazzo di quindici anni a domande rivoltegli ottanta anni or sono su magnifiche magliette che fanno bella mostra di sé addosso a delle belle signore. Tutto si compra, tutto si vende, purché si sappia...