Vi?niec | Il venditore di incipit per romanzi | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 368 Seiten

Reihe: Intrecci

Vi?niec Il venditore di incipit per romanzi

Romanzo caleidoscopio
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-6243-588-8
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Romanzo caleidoscopio

E-Book, Italienisch, 368 Seiten

Reihe: Intrecci

ISBN: 978-88-6243-588-8
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Durante una premiazione letteraria l'affabile Guy Courtois, venditore di incipit che, a suo dire, ha fatto le fortune di Thomas Mann, Franz Kafka, Albert Camus e molti altri, lascia il biglietto da visita a uno scrittore in crisi. Fra i due s'instaura allora una fitta corrispondenza e prendono il via varie storie che procedono parallele o si intersecano: uno scrittore smarrito racconta la sua prima volta nel suggestivo Caffè dei Timidi e nella rinomata Casa degli Scrittori a Bucarest; una donna misteriosa, seduta fra i libri parlanti della libreria Verdeau a Parigi, trascrive la propria quotidianità... Bizzarri personaggi, apparentemente scollegati fra loro, si rincorrono in questo romanzo vertiginoso di singolare fascino.

Poeta, drammaturgo, romanziere, giornalista, è nato nel 1956 a R?d?u?i, nel nord della Romania. Trasferitosi nel 1987 in Francia per sfuggire alla censura di regime, è diventato negli anni il secondo drammaturgo romeno dopo Ionesco a imporsi nel panorama teatrale europeo. Sindrome da panico nella Città dei Lumi, suo secondo romanzo, è stato tradotto in francese, russo, ungherese e bulgaro.
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11


X si sveglia colpito, dall’interno, da un’esplosione di silenzio. Nel cervello gli è scaturita una voce nuova. La sente ridere.

X non ha ancora la forza di aprire gli occhi. Attende. Conta i secondi a mente. Cinque. Nove. Tredici. “Diciotto.” Ventitré.

Chi ha detto diciotto? “Io.” Io chi?

Di solito è la suoneria dell’orologio a svegliare X. In realtà si sveglia due, tre minuti prima che l’apparecchio si metta a squillare. In questo modo svegliarsi è come passare piano da un sogno all’altro.

“Basta” dice la Voce nel suo cervello.

X apre gli occhi. Sente che devono essere le 7 passate. L’orologio avrebbe dovuto svegliarlo alle 7 meno un quarto. Incredibile! Le lancette indicano le 6 e 37 minuti.

X si alza, tira su le persiane. No, non possono essere le 6 e 37 minuti. Il sole si è levato già da un pezzo. O Gesù, che ora sarà mai? L’orologio da polso, che lascia sempre in bagno, indica pure lui le 6 e 37 minuti. X ha un altro orologio in cucina. Ovviamente, anche questo quadrante è fermo sulle 6 e 37 minuti. La Voce nel cervello di X ride. Anche X ride.

X si stende di nuovo sul letto e aspetta di svegliarsi del tutto. Non sta pensando a niente. Aspetta ascoltando solo il silenzio.

Saranno già passate le 7? Alle 7 meno 5 il camion frigorifero avrebbe dovuto fermarsi davanti alla macelleria. Alle 7 in punto la proprietaria sarebbe dovuta uscire a portare a passeggio il cane. Alle 7 e 3 minuti sarebbero dovuti passare i netturbini.

“Dicevi che non stavi pensando a niente.”

Non capisco.

“Non c’è niente da capire.”

Come non c’è niente da capire?

“Proprio così.”

X avrà cominciato a parlare da solo? Sarà sveglio o in procinto di sognare? X si alza, entra in bagno, si lava. X è sveglio. Si guarda allo specchio. Di colpo, vedendoci il proprio volto, capisce che in realtà a svegliarlo è stato il silenzio.

A X non era mai successo di trovarsi immerso in un silenzio simile. È un silenzio che gli esplode nelle orecchie. Un silenzio emanato dagli oggetti, dalle pareti, che viene dall’esterno, dall’universo. È un silenzio delle strade, della città, del mattino, dello spazio. Un silenzio che lo avvolge uscendo dal suo stesso cervello. Un silenzio quasi materiale che potrebbe avere solo un unico colore: il nero.

X accende la radio. Strano. Si direbbe che stamattina nessuno trasmetta niente. X cerca di sintonizzarsi su una stazione. Inutile. Uno sfrigolio continuo, come una caduta nel vuoto, gli risponde da ovunque. Spegne la radio e passa allo stereo. Si mette un Vivaldi e comincia a ridere. Alle 8 e mezza deve essere in ufficio.

X si prepara un caffè. Apre il frigorifero. Prende il burro e due fette di prosciutto. Chiude il frigorifero. Taglia una fetta di pane. La caffettiera sbuffa come una locomotiva. La tazza piena di liquido nero, nel momento in cui lui la poggia di nuovo sul piattino, fa clang. I rumori domestici fanno maledettamente bene a X.

X mangia il panino. X beve il caffè. X pensa alla Voce nel proprio cervello. È una voce che sente per la prima volta. Una voce che gli parla sussurrando da dentro il suo essere. Non è la sua voce, ma comunque gli appartiene. È una voce nuova che vive in lui dalle 6 e 37 minuti.

– Ehi, ci sei ancora?

“Sì” risponde la Voce.

– Come si vede il mondo da dove ti trovi tu?

“Tutto si preannuncia diverso dal solito.”

Manda giù l’ultimo boccone del panino col prosciutto. L’ultimo sorso di caffè. X è in forma smagliante. Si sente pulito, profuma di buono. Non ha paura di niente. Prende la borsa ed esce. Urgenza principale: non arrivare tardi in ufficio. Da sette anni, da quando ha iniziato a lavorare per la ditta, non è mai arrivato in ritardo. Per lui la sua professione è la cosa più importante nella vita. X è specialista in comunicazioni avanzate.

X esce, chiude a chiave la porta, chiama l’ascensore.

“E i pesci?” gli domanda la Voce.

– I pesci? Non capisco.

“I pesci non sono al loro posto.”

Che vuol dire? X non ha tempo di approfondire l’argomento. Ma la Voce sa che X è uscito senza accorgersi di un dettaglio fondamentale. I pesciolini rossi ricevuti in regalo da Matilde il giorno del suo compleanno sono spariti dall’acquario.

L’ascensore pare bloccato al pianoterra. Non fa niente, X scenderà a piedi i tre piani. X si avvicina alla tromba delle scale. Esita. Si ferma.

C’è qualcosa che non va. La Voce glielo conferma. “C’è qualcosa che non va.” Ma cosa?

In primo luogo, non è normale che la porta dell’appartamento della signora Bordaz sia socchiusa. La signora Bordaz non esce mai lasciando la porta socchiusa. È davvero insolito che la signora Bordaz abbia lasciato la porta socchiusa. La signora Bordaz non ha mai dato segni di senilità. Né ha l’abitudine di spiare i propri condomini.

E allora?

X si avvicina e suona il campanello. Nessuna risposta. Bussa alla porta. Nessuna risposta. Suona di nuovo il campanello anche se presagisce che pure stavolta non otterrà risposta. Se la signora Bordaz si trovasse all’interno, la sua barboncina, Pexy, avrebbe già mostrato la coda da un pezzo e gli sarebbe saltato in braccio.

Entro o non entro? si domanda X. La signora Bordaz avrà avuto un malore? “Ma come, sia lei che il suo cane?” Forse sta guardando la tv... “È escluso.” O forse... forse... forse...

X spinge piano la porta.

– Signora Bordaz...

La spinge ancora un pochino.

– Signora Bordaz, è a casa?

X entra con cautela, un passo, due passi... Nel corridoio dell’appartamento, nessuno. Nel salotto, nessuno. In cucina, nessuno. X è incerto se entrare o no anche in camera da letto. Non sta bene. La signora Bordaz è una donna pudica. Alla signora Bordaz non farebbe piacere essere sorpresa in camera da letto, almeno è quel che crede X. È meglio se me ne vado, pensa X. Tanto più che è invaso da una sensazione di disagio. X non si sente bene in questo appartamento pieno di oggetti così vecchi, così patinati. Sembra che tutti stiano in agguato, che tutti lo vogliano giudicare.

Ritornato sul pianerottolo, X trova per terra davanti alla porta un guanto bianco, di pizzo. Il guanto destro della signora Bordaz. E, proprio davanti alla rampa delle scale, il guinzaglio di Pexy. Ma com’è che non l’aveva visto pochi minuti prima?

“E il pappagallo?” Il pappagallo? “Sì, il pappagallo.” Di nuovo X non ci capisce niente. La Voce insiste: “E il pappagallo?”

X non ha più tempo per rispondere. Scende in fretta i gradini perché si sente in grande ritardo. Quando è tardi, il suo intero organismo funziona come un orologio. Alcune cifre cominciano ad ammiccare, alcune rotelle cominciano a ruotare più veloci. Le rotelle dentate graffiano di più perché i denti si fanno più acuminati. La Voce sa che a X è sfuggito un’altra volta un particolare fondamentale. Il pappagallo della signora Bordaz è sparito dalla gabbia.

In cambio X ha notato qualcos’altro, e dentro di sé spera che la Voce non sappia di cosa si è accorto, quel che gli si è conficcato ora nel cervello come una scheggia. Ovvero il fatto che tutti gli orologi nell’appartamento della signora Bordaz erano fermi sulle 6 e 37 minuti.

Sugli scalini, fra il terzo e il secondo piano, ci sono alcuni oggetti che sembra siano stati più perduti che abbandonati: un portaocchiali (che appartenga al signor Kuntz, il sassofonista?), un cappello di feltro nero (è senza dubbio il cappello del signor Bragovski del quinto piano) e uno spazzolino da denti del quale X non riesce a identificare il proprietario.

Nonostante la Voce lo inciti ora a continuare a scendere le scale, X non può fare a meno di fermarsi per qualche minuto anche sul pianerottolo del secondo piano. La porta dell’appartamento della famiglia Bruchner è spalancata. E da casa della famiglia Tolbiac si diffonde un penetrante puzzo di caffè bruciato.

Tra il secondo e il primo piano, altri oggetti sparsi per terra: un accendino trasparente di plastica, un orologio da tasca con catena (che fortuna che non si sia rotto!), un cucchiaino d’argento (X giurerebbe che a un certo punto il suo proprietario sia uscito dall’appartamento con la tazzina di caffè in una mano e il cucchiaino nell’altra prima di precipitarsi giù per le scale), un fazzoletto da donna ricamato (che sia il fazzoletto della signorina Matilde?)...

“Senti?” domanda la Voce.

In effetti, qualcosa si sente. È un suono che viene da giù, da un appartamento al pianoterra. Una sorta di ronzio continuo, un segnale fastidioso che irrita l’udito (“e anche il cervello” aggiunge la Voce). X si avvicina evitando di calpestare il latte uscito da una bottiglia rotta sulla rampa delle scale tra il primo piano e il pianoterra. X non capisce ancora chi produca quel rumore. Non capisce neppure se stia per inquietarsi o per entrare in stato di shock. Tra il terzo piano e il pianoterra il suo cervello (quello disturbato dal suono) ha fissato le immagini di almeno cinque porte socchiuse.

“In strada sta succedendo qualcosa” dice la Voce. No, risponde lui. “Devi restare calmo” dice lei. Lo sono, risponde lui. “E non dimenticare che non devi arrivare tardi in ufficio” lo avverte. Non me lo dimentico, dice lui. “Sarà scoppiato qualche incendio?” ipotizza la Voce. Un incendio? “Sì, un incendio silenzioso.”

Per il momento ciò che interessa a X è individuare l’origine del fastidioso rumore. Bussa alla porta del custode.

– Signor Busbib...

“Penso che tu possa entrare tranquillamente” gli dice la...



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