Vv. | The Passenger - Copenaghen | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 192 Seiten

Reihe: The Passenger

Vv. The Passenger - Copenaghen


1. Auflage 2025
ISBN: 978-88-7091-729-1
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 192 Seiten

Reihe: The Passenger

ISBN: 978-88-7091-729-1
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
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Copenaghen è forse la città che più si avvicina a una visione utopica del futuro. In quale altro luogo è possibile immaginare passeggini incustoditi in ordinate file fuori dai caffè con dentro bambini che dormono tranquilli? Nelle acque un tempo nocive del porto gli abitanti fanno il bagno mentre lungo le piste ciclabili sopraelevate sfrecciano le biciclette. Dall'alto della CopenHill, l'inceneritore che è anche una pista da sci, si vedono pale eoliche a perdita d'occhio. Ricchi turisti affollano sofisticati ristoranti che servono prodotti locali e stagionali. La città, collegata alla Svezia in una regione economica transnazionale completamente integrata, è un modello di innovazione urbana, dove la qualità della vita e l'attenzione all'ambiente sembrano essere priorità indiscusse. The Passenger va a esplorare questo futuro possibile, con storie che cercano di far toccare con mano l'astratto concetto di vivibilità, guardando la città con gli occhi di chi ci vive: chi sta cercando casa, chi sta per diventare genitore, chi preferisce starne lontano e chi la conosceva quando non era ancora la versione migliore di se stessa. Sono i bambini a farla da padroni, in una città-parco giochi che sembra aver deciso che lo storico luna park di Tivoli non era più sufficiente: il segreto danese della felicità potrebbe essere l'idea di fare tutto il possibile perché l'infanzia sia felice. Come si può immaginare, tuttavia, non è tutto rose, fiori e vini naturali. L'ambizioso obiettivo di raggiungere il net zero entro il 2025 è stato posticipato e anche a Copenaghen l'ambiente a volte viene sacrificato per rispondere a problemi più immediati come la carenza di nuove case: il più grosso progetto urbanistico della storia danese, un quartiere in costruzione su un'isola artificiale, è osteggiato dagli ambientalisti, mentre un immenso parco cittadino rischia di essere privatizzato. D'altronde, bisogna far quadrare i conti del tanto invidiato welfare e questo porta a fare dei compromessi: per proteggere il loro piccolo paradiso socialdemocratico, i danesi hanno raggiunto un consenso su chi ne deve essere escluso, e cioè gli immigrati «non occidentali» (nella dubbia definizione dell'ufficio statistiche). Insomma, da Copenaghen l'utopia può sembrare più vicina, ma di mezzo c'è sempre la realtà.

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Sehai quattro figli nati nell’arco di undici anni, a volte può essere difficile mettere d’accordo tutti quando si viaggia insieme. Meglio visitare un museo o fare shopping? Dove si va a mangiare? Perfino un giro al luna park può essere complicato, se ognuno vuole salire su una giostra diversa. Ma alcuni anni fa, in occasione di un viaggio in Danimarca, abbiamo provato una cosa nuova. Siamo partiti con l’idea di visitare gli edifici dell’architetto Bjarke Ingels e del suo studio, Big, e abbiamo chiamato il viaggio «Big kids».

Per chi non lo sapesse, Bjarke Ingels non è solo il giovane talento che ha rivoluzionato l’architettura danese, ma è diventato uno degli architetti più importanti del mondo, con studi a Copenaghen, Londra, New York, Barcellona e in Cina.

Negli ultimi decenni l’architettura danese ha vissuto un periodo di grande fioritura e Bjarke Ingels e il suo Biarke Ingels group (Big) sono stati l’emblema di questa rivoluzione, tanto che è possibile organizzare un tour di più giorni a Copenaghen e in Danimarca dedicato alle sue opere. Non credo ci siano molti architetti moderni, nella mia Islanda o nel resto del mondo, in grado con i loro edifici di catturare l’attenzione di un bambino in vacanza con i genitori, specialmente se si tratta di costruzioni degli ultimi vent’anni molto diverse tra loro, come un impianto di incenerimento dei rifiuti, un parcheggio multipiano e complessi residenziali. Eppure quella volta siamo riusciti a incuriosire i nostri figli e forse anche a ispirarli. Ora mio figlio ha una startup e vuole reinventare internet, la mia figlia maggiore studia qualcosa legato al design a Copenaghen e un’altra figlia sta pensando di iscriversi ad architettura.

Devo premettere che i miei figli non erano del tutto imparziali. Bjarke Ingels è un amico di famiglia e dorme spesso da noi quando viene in Islanda. Quindi non sono nella posizione adatta per criticare o analizzare nei dettagli il suo lavoro, né era questo lo scopo del nostro viaggio: volevamo semplicemente esplorare e confrontarci. Ho conosciuto Bjarke nel 2006, in pieno boom economico islandese, quando le banche del nostro paese si stavano espandendo e diffondendo in tutto il mondo e uno degli istituti principali, Landsbankinn, aveva deciso di aprire la sua nuova sede principale nel cuore di Reykjavík. All’epoca condividevo un ufficio con alcuni architetti della zona e avevamo partecipato a diversi concorsi, vincendone alcuni, per i quali avevo dato un contributo al concept e alla storia degli edifici. Landsbankinn aveva grandi ambizioni e aveva deciso di indire un concorso internazionale, e i miei amici hanno deciso di prendervi parte e coinvolgere il giovane architetto Bjarke Ingels, che a 33 anni aveva appena aperto Big. Prima aveva fondato Plot e lavorato in Olanda al fianco di Rem Koolhaas.

ANDRI SNÆR MAGNASON — Scrittore, intellettuale, poeta, performer, attivista ambientale a fianco di Björk e candidato alle presidenziali islandesi del 2016, si occupa da molto tempo di divulgazione scientifica e temi ambientali, di cui parla anche nel suo saggio letterario (Iperborea, 2020), pubblicato in oltre trenta paesi. Sempre per Iperborea sono usciti in Italia il romanzo per bambini (2022) e la raccolta di racconti (2024), mentre Nottetempo ha pubblicato il libro di poesie (2017).

«Gli architetti di Big sfoderavano concetti come “utopia pragmatica” ed “edonismo sostenibile”. Dicevano: “Prendi una cosa semplice, dalle un tocco nuovo, e avrai… .”»

Così sono andato in Danimarca e ho avuto modo di conoscere il visionario studio di Copenaghen e il suo modo di lavorare. L’approccio di Big ruotava attorno a forme e geometrie, con un’estetica scultorea, a differenza dei progetti a cui avevo collaborato, che seguivano un approccio modernista tradizionale in cui «la forma segue la funzione». Ho capito che gli architetti di Big usavano un metodo diverso: amavano esplorare combinazioni di funzioni opposte, inserire l’elemento del gioco e non avevano paura di lavorare con le forme più basilari, come cerchi, spirali, cubi e curve. La forma segue il divertimento, la forma è funzione. Parti da una struttura semplice, stabilita dalle norme urbanistiche o dal volume edificabile, e poi lasci che la luce del sole, la vista o forse uno scopo imprevisto plasmino l’edificio. È stato fantastico osservare il loro modo di lavorare e la loro estetica, i modellini bianchi su ogni tavolo da cui si intuivano grandissime ambizioni, con prototipi di enormi grattacieli proposti in Cina e ad alcuni clienti degli Emirati.

In un’epoca in cui gli edifici moderni sembravano insulsi, quasi tutti uguali e senza segni distintivi degli architetti che li avevano progettati, Big sapeva creare e trasmettere un’estetica molto chiara, con un’aria retro-futuristica, che combinava utopia e dimensione umana in maniera straordinaria. Un’architettura che vuole «dar forma al futuro» e si ispira alla parola danese per design: , che per l’appunto significa «dare forma». Gli architetti di Big sfoderavano concetti come «utopia pragmatica» ed «edonismo sostenibile». Dicevano: «Prendi una cosa semplice, dalle un tocco nuovo, e avrai… », qualcosa di grosso. In architettura non si tratta solo di dar forma alle cose, ma anche di in generale. Che dono racchiude il tuo progetto? Cosa stai offrendo? Come stai rendendo la vita attorno all’edificio o in città più piacevole? Il metodo caratteristico di Big è quello di prendere due funzioni e fonderle in un’unica forma. Un esempio eloquente è il museo Kistefos, in Norvegia, dove la struttura del museo funge da ponte su un fiume ma è anche una scultura in se stessa: un cuboide bianco posizionato tra le sponde, ruotato di novanta gradi lungo il proprio asse – e la torsione ha anche una funzione pratica perché serve a compensare la differenza di altezza tra le rive. Il risultato è molto scultoreo, semplice ma giocoso. Dà la sensazione che si sia data forma al futuro.

Alla fine, nel 2008, abbiamo vinto il concorso, ma prima di cominciare i lavori c’è stato il crollo bancario globale e Landsbankinn è fallita. In quel periodo ho assistito agli ultimi giorni dell’espansione delle banche islandesi, ma anche ai primi passi di Bjarke Ingels nel panorama internazionale. Landsbankinn era il suo primo grande progetto fuori dalla Danimarca. Da allora la sua ascesa è stata inarrestabile. Un Ted talk del 2009 gli ha aperto molte porte, permettendogli di presentare non solo quello che aveva già realizzato, ma anche i progetti per grattacieli futuristici e idee innovative. Poi ha fatto il grande salto, con l’apertura di una sede di successo a New York. Ha costruito grattacieli a Manhattan, le sedi centrali di Google e Lego, e nel 2023 ha iniziato a progettare una città sostenibile dedicata alla mindfulness in Bhutan. L’ultima volta che sono stato negli uffici Big a New York c’erano modellini di quelle che potrebbero diventare un giorno le prime strutture abitative sulla Luna e su Marte.

Bjarke Ingels ha doti di narratore e da piccolo voleva diventare un autore di fumetti. Possiede carisma e ispirazione, ed è capace non solo di immaginare nuovi mondi ma anche di realizzarli usando legno, cemento, vetro e acciaio. Ma il modo migliore per capire il suo lascito è toccare con mano le sue opere, e il modo migliore per toccare con mano il mondo è viaggiare con dei bambini. Come ho detto prima, non credo sia possibile intrattenere quattro bambini in un tour di edifici di un solo architetto, in nessun paese del mondo. Ma Bjarke ha più di ogni altra cosa rivendicato un sogno o un’utopia in architettura: l’idea che si possano costruire le cose in modo diverso. O, forse più precisamente: gli edifici non devono per forza essere noiosi.

Molte delle sue idee hanno avuto origine quand’era lui stesso un bambino e saliva sui tetti delle case del suo quartiere. Anche se era proibito, pensava: «Perché?» Perché i tetti non vengono utilizzati? In molti dei suoi edifici non solo è possibile salire sul tetto, ma quest’ultimo ha una funzione fondamentale. E naturalmente è stato molto utile che, prima della partenza, i bambini più grandi avessero potuto leggere , la guida al pensiero e all’architettura di Bjarke sotto forma di fumetto (edizione italiana Taschen, 2011).

E così, ecco com’è andata. Siamo in sei: io, mia moglie e i nostri quattro figli, e sull’aereo occupiamo un’intera fila di posti. Atterriamo a Copenaghen e la prima cosa che vediamo, ovviamente, è la metro, che risale al 2007. Ti ricorda che gli architetti non vivono in una bolla e che i loro grattacieli non spuntano dal caos o dalle ceneri. I danesi sembrano essere riusciti nel miracolo di gestire la pianificazione urbana, integrando trasporti pubblici e infrastrutture ciclabili. La metropolitana di Copenaghen è invidiabile. Se perdi un treno, quello dopo è già lì un minuto e mezzo dopo. Non ha senso prendere un’auto o un taxi da...



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