Waits / Maher Jr. | Il fantasma del sabato sera. Interviste sulla vita e sulla musica | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 416 Seiten

Reihe: minimum fax musica

Waits / Maher Jr. Il fantasma del sabato sera. Interviste sulla vita e sulla musica


1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-7521-482-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 416 Seiten

Reihe: minimum fax musica

ISBN: 978-88-7521-482-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
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Tom Waits è un artista capace di fondere in una personale e raffinatissima idea di songwriting suggestioni poetiche e musicali molto distanti: la letteratura beat e il vaudeville, il folk e il blues, il jazz e la musica industriale. Con la sua voce rauca e cavernosa sa interpretare struggenti ballate d'amore e spericolati arrangiamenti rumoristi, raccontando con il candore di un Bukowski l'America dei desperados e degli ubriaconi del sabato sera, delle highway e delle tavole calde. Ma nei suoi testi, come nella sua inimitabile presenza scenica, scorre sempre anche una vena comica, quasi clownesca, che attinge a piene mani al nonsense, al surreale, al gioco di parole («Il vocabolario è il mio strumento principale», ha dichiarato una volta). Questa selezione di interviste ripercorre la quarantennale carriera del musicista californiano, svelandone le passioni, le idiosincrasie, le fonti di ispirazione, le collaborazioni extra-musicali - sono celebri i suoi cameo come attore in film di culto quali America oggi di Robert Altman, Daunbailò e Coffee and Cigarettes di Jim Jarmusch, La leggenda del re pescatore di Terry Gilliam - e restituendoci quella miscela di umorismo, visionarietà e disincanto così inconfondibilmente (e irresistibilmente) waitsiana. «Un libro bellissimo che elettrizza e sorprende, che depista ed entusiasma. Come le trovate musicali di Yates». Alias, il Manifesto

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INTRODUZIONE


Nonostante quel brontolio ruspante e la parlantina di chi invece è sempre sul pezzo e vive in città (ci sono decine di descrizioni della sua voce in queste pagine, decine), Tom Waits potrebbe essere davvero l’uomo descritto dal , ovvero «il più fenomenale intrattenitore sulla faccia della terra». Waits imbroglia, spiazza e doma il pubblico chiassoso incantandolo con l’ingegno; è un maestro nell’arte della conversazione ed è capace di infilare un racconto dopo l’altro al pari di un giostraio o di uno zingaro dei tempi della Depressione diretto verso qualche fertile terra promessa a bordo di un treno.

Nell’arco di quasi quarant’anni Waits è stato capace di trasformare sia la sua musica che la sua persona. Non è un tipo che si adatta alla morfologia incostante dei nostri tempi, né uno che si è mai fatto manovrare dai capricci di una casa discografica. A differenza di cantautori coetanei come Bob Dylan e Neil Young, che si sono persi nel mezzo degli anni Ottanta, Waits si è sbarazzato dei demoni che gli stritolavano l’anima artiglio per artiglio e ha riempito quel vuoto con una mistura di musica effervescente, forgiando un universo sonoro album dopo album.

Il modo di parlare di Waits è avvincente quanto lo sono i suoi testi aguzzi come diamanti. A volte si trasforma in una sinestesia di voci paragonabile a una specie di di influenze verbali: Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Louis Armstrong, qualche anonimo venditore ambulante da vaudeville, il custode di una sala da biliardo, uno zingaro, uno zelota del folk, Mark Twain, Charles Bukowski, Dean Moriarty o i cantanti anonimi registrati da Alan Lomax nei dischi custoditi alla Library of Congress. Quando è particolarmente cupo, Waits diventa una colata densa e decadente di parole organiche, il che lo rende simile a William S. Burroughs, con cui una volta ha anche collaborato. Il mimetismo permette al suo mondo di radicarsi nella realtà ma anche di essere «completamente fuori». Per dirla con parole sue, Waits è «davvero andato».1 Eppure questo non è che un ulteriore meccanismo di difesa, dato che l’uomo in questione non solo è un lettore avido e bene informato, ma possiede anche un’acuta consapevolezza dello scenario pop contemporaneo. Anche se la sua musica saccheggia abbondantemente il passato, Waits non si presenta mai come una vecchia gloria divorata dalla nostalgia, ma riconosce apertamente i suoi debiti con gli stili vecchi e nuovi ed è tutto tranne che convenzionale, proprio come lo vogliono i suoi fan.

La sua personalità carnevalesca e multiforme trasuda umiltà più che da personaggio famoso; Tom Waits sembra proprio «uno di noi», il cazzone che tutti conosciamo, quello che sa dire le barzellette meglio di tutti e può tirare fuori un romanzo da un aneddoto.

Piuttosto che restare invischiato nelle maglie di un certo rock’n’roll – vedi abuso di sostanze stupefacenti – ha conquistato il suo nirvana personale mettendo su famiglia; una famiglia che ancora oggi protegge strenuamente dai fan in adorazione e dalle interviste indiscrete il cui intento è aggiudicarsi uno scoop giornalistico. In questo è una persona accessibile senza una via di accesso.

Waits è l’insegnante che tutti avremmo voluto avere. Immaginate quella voce, immaginate il frammento di latta che gli graffia la gola mentre legge o John Steinbeck. O anche mentre ci mette in guardia dai pericoli insiti nelle proposizioni coordinate per asindeto. Non riuscirebbe a rendere interessante l’impensabile? Sto ancora aspettando che metta in circolazione un audiolibro con le sue letture della Sacra Bibbia, sono convinto che saprebbe trasformare gli atei più dubbiosi in stoici convertiti. Waits è capace di inchiodare la tua attenzione al muro e fare in modo che ci resti; anche se tanti hanno cercato di attingere allo stesso pozzo, quasi tutti finiscono col diventare pallide imitazioni piene di boria e senza cognizione di causa, lontanissime dalla sua saggezza e maestosità.

Waits è una presenza formidabile anche sul palco; le sue rare apparizioni dal vivo – che siano a New York, Denver o El Paso – equivalgono quasi sempre a un tutto esaurito. I testi (che a volte lui considera poesia e a volte no) possono essere accompagnati da sassofoni gravi e baritonali, dai ritmi dissonanti di un coperchio della spazzatura sbattuto sul parafango di una Chevrolet, o dal tintinnio dei tasti scheggiati di un pianoforte a muro che raccoglie polvere nell’angolo di un bar a Larimer Street. Nei numerosi bootleg in circolazione, l’ascoltatore scopre un artista che interagisce con sicurezza con il pubblico riconoscente; un uomo capace di scatenare una dinamica sinergica e audace limitandosi a essere se stesso, oppure mettendo su una delle truffe più grandi nella storia del rock’n’roll.

Essendo un fenomenale caratterista, Waits può vantare una serie di ruoli cinematografici che qualsiasi attore candidato all’Oscar gli invidierebbe. È stato un barbone senza via di uscita (), un profeta partito per la tangente sotto il sole del deserto (), il leccapiedi del Conte Dracula che si ciba di mosche e indossa la camicia di forza (), un autista di limousine alcolizzato e destinato al fallimento (), un aiuto barista che sputa sentenze filosofiche ai membri di una gang in una sala biliardo () o Satana in persona (). Per me l’unico piacere in alcune di queste pellicole sta nella possibilità di assaporare le scene dominate dalle performance carismatiche di Waits (a un giornalista dichiara che il suo è un «recitare» più che essere un «attore»).

Stando alla maggior parte dei racconti, Waits può essere una persona fantastica o frustrante da intervistare, dipende tutto dalle mire del giornalista. Se uno si fionda nella mirabile impresa con l’intento di craccare il codice, è molto probabile che a fine intervista si ritroverà con qualche superflua citazione di buon senso e nessun pezzo da scrivere. La tecnica di depistaggio di Waits è una forma d’arte. Spesso armato di un bloc-notes zeppo di saggezza popolare stile il ,2 si farà largo nell’intervista con un piede negli aneddoti e l’altro nelle strategie promozionali che potrebbe essere costretto a rispettare per contratto. Waits è capace di creare un labirinto persino quando si intervista da solo. Come Bob Dylan, in molti casi devia le premesse di una conversazione in modo da adattarla al suo umore; non a caso sostiene che Waits «è più Dylan di Dylan stesso». La sua padronanza del sapere – che nel caso specifico si traduce in un pozzo senza fine di esperienza a cui attinge a piene mani – spilla molte citazioni, superate forse solo da quelle della Bibbia o di Benjamin Franklin.

Le pagine che seguono non hanno la pretesa di restituire ogni aspetto della carriera di Waits, piuttosto vogliono testimoniare la sua evoluzione creativa nel corso degli anni. Ci sono molte interviste che avrei voluto includere ma di cui non sono riuscito a ottenere i permessi necessari; nella maggior parte dei casi quelle incluse nella raccolta sono state estrapolate da riviste musicali dai nomi poco familiari che negli anni Settanta erano popolari quanto oggi lo sono i blog. Anche se Waits spesso e volentieri ha rilasciato dichiarazioni a pubblicazioni mainstream come , e il , le cifre richieste da queste testate per i diritti di pubblicazione hanno reso economicamente impraticabile il loro inserimento e in gran parte dei casi possono essere consultate in altri libri o attraverso una grande risorsa in rete, la Tom Waits Library. Ho cercato di riportare gli articoli in cui Waits può aver condiviso qualcosa di davvero unico con l’intervistatore; il cantante non si dà più arie con di quanto farebbe con una rivista che si occupa di skateboard. Leggete questo volume come se fosse il , poiché svolge una funzione simile: arricchisce il mondo di saggezza spendibile, la forma di conoscenza che è più cara al suo protagonista. Sfogliando le pagine della raccolta, il lettore intuirà che la parlata a mitraglietta di Waits deve tantissimo alla vecchia saggezza popolare più che all’ego da rockstar, e questo ci fa sentire tutti un po’ meglio. Waits continua a raccogliere nuovi adepti e ispira quasi soggezione per l’integrità, la profondità e l’estensione della sua musica, che spalanca una porta sull’arte senza compromessi, estranea a qualsiasi considerazione commerciale.

Il libro vuole preservare alcune reliquie fondamentali nella storia di questo artista. In una conversazione, Waits ha dichiarato: «Detesto dirtelo, ma le interviste sulle riviste musicali dopo due giorni stanno già agonizzando nella spazzatura. Non sono vincolanti, mica vengono messe in una camera blindata per legarti alle tue parole per sempre». La raccolta non ha l’intenzione di vincolare il cantautore alle sue parole, ma funge da archivio del suo straordinario passato, quando il giornalismo rock regnava ancora come una forma d’arte e Waits era considerato uno dei suoi soggetti più degni di attenzione.

Voglio ringraziare Yuval Taylor per la sua sensibilità editoriale, per aver creduto nel progetto e averlo supervisionato da capo a piedi, la Chicago Review Press e il mio instancabile agente letterario Michael K. Dorr della LitPub Ink....



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