Wilk | Narrazioni dell'estinzione | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 300 Seiten

Reihe: Saggi

Wilk Narrazioni dell'estinzione


1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-6783-430-3
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 300 Seiten

Reihe: Saggi

ISBN: 978-88-6783-430-3
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Quali narrazioni ci aiuteranno a ripensare la prospettiva umana, in un mondo così diverso da quello in cui sono nate quelle che chiamiamo storie? Ricordandoci come il nostro rapporto con il narrare modelli le nostre relazioni con il mondo, Elvia Wilk ci porta attraverso il tempo e i generi, cercando di abbattere i confini tra distopia e utopia, reale e immaginato, sé e mondo. Muovendosi tra monasteri medievali, futuri solarpunk, giochi di ruolo, vampiri e ambienti privi di umani, Narrazioni dell'estinzione delinea un syllabus per una nuova narrativa speculativa e femminista adatta al nostro tempo, chiamando a sé una coralità di voci del passato e del presente, da Margaret Atwood, evocata nel racconto da cui parte il libro, a Mark Fisher, Han Kang, Doris Lessing, Anne Carson, Octavia E. Butler, Jeff e Ann VanderMeer.

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QUESTO CONCIME


Uccelli sbronzi


A un certo punto, intorno al 2010, ha cominciato a circolare online un articolo di divulgazione scientifica sugli uccelli, in più varianti. «Uno studio afferma che l’inquinamento rende gli uccelli gay» o «Omosessualità da mercurio», dicevano i titoli. Alcuni ricercatori avevano osservato che un’alta concentrazione di mercurio negli habitat delle zone umide poteva alterare il «comportamento di accoppiamento e il successo riproduttivo» di una specie di ibis bianco. È solo uno dei tanti esempi recenti di come le sostanze inquinanti rilasciate nell’ambiente abbiano modificato i sistemi ormonali, l’aspetto e i comportamenti degli animali; in questo caso, l’aspetto piccante dava alla storia una punta di sensazionalismo in più. Pare che alcuni ibis bianchi preferiscano ora le relazioni omosessuali a quelle etero. Un’immagine piuttosto diffusa mostra una coppia di ibis maschi che passeggiano insieme lungo la riva del mare. In effetti sembrano molto gay.

Il tono di queste storie è allarmista. Ed è senza dubbio allarmante che gli inquinanti prodotti dall’uomo stiano alterando il sistema endocrino di altre specie. Gli ibis bianchi che non si riproducono hanno maggiori probabilità di estinguersi, contribuendo ulteriormente alla già allarmante riduzione della biodiversità a livello globale. Gli uccelli gay rappresentano l’ennesimo esempio – di una lunga lista – di come un comportamento umano possa danneggiare l’ecosistema planetario in modi inaspettati.

Questo eccesso di attenzione nei confronti di un comportamento sessualmente “atipico” degli uccelli è indicativo anche di un allarmismo di tipo diverso. La , qui, è presentata come risultato diretto di un ambiente tossico, un’aberrazione bizzarra rispetto all’orientamento “naturalmente” etero degli uccelli e alla loro vita di ovipari. Allineandosi con il tossico e l’innaturale, questi uccelli risultano antropomorfizzati, e le loro sessualità vengono quindi moralizzate secondo pregiudizi umani: la loro omosessualità è assunta a prova che l’ambiente è velenoso. In un saggio sugli ibis, la scienziata della salute Anne Pollock sottolinea che vedere gli uccelli gay come emblematici di «danni al nostro ambiente è una mossa intrisa di eteronormatività». Secondo Pollock, per quanto i commenti alla notizia esprimessero allarme in termini di consapevolezza ambientale, il terrore di fondo derivava dall’apparente devianza delle vite sessuali degli animali (e per procura delle nostre).

Pollock sostiene inoltre che se vogliamo antropomorfizzare gli animali al punto da poterli definire gay, dobbiamo anche considerare la possibilità che le loro nuove identità sessuali (supponendo, forse a torto, che la loro omosessualità sia del tutto nuova, piuttosto che non osservata in precedenza) siano soddisfacenti. Magari quel nuovo stile di vita spensierato e senza pulcini, agli uccelli gay . Forse alcuni di questi uccelli, come alcuni esseri umani, trovano faticosi certi aspetti della riproduzione e non desiderano avere figli. «Per i biologi, il successo riproduttivo è spesso inteso come la causa finale dell’esistenza degli animali», scrive Pollock. Ma da quale prospettiva il successo riproduttivo è la definizione ultima di «successo»? Quella di Dio, di Darwin, degli ecologisti o degli animali? Non possiamo sapere cosa sia la soddisfazione per un uccello. Ma soprattutto, la specie umana conosce un’ampia varietà di desideri: e se fosse lo stesso per le altre?

Pur simpatizzando con le preoccupazioni degli ambientalisti e lamentando la possibilità di estinzione degli ibis, Pollock si chiede perché alcuni comportamenti e alcuni ambienti siano considerati naturali o innaturali, e perché i cambiamenti climatici causati dall’uomo tendano a ricevere tanta attenzione in circostanze come queste, e in fondo per quale ragione il sesso degli uccelli sia affar nostro. È vero che gli uccelli non hanno avuto scelta in materia di politica ambientale o di regolazione ormonale, ma d’altronde chi ce l’ha? Anche la maggior parte delle persone sul pianeta assorbe una serie di sostanze inquinanti estremamente tossiche senza avervi acconsentito.

Le nostre idee su cosa sia puro o tossico, sano o malsano e, per estensione, buono o cattivo, non fanno che mutare. Un giorno una rivista esalta i benefici del cioccolato e del vino rosso bevuto con moderazione, il giorno dopo consiglia l’astinenza. Mentre molte persone sono sospettose delle mele dall’aspetto strano, altre comprano di proposito prodotti “brutti” perché ritengono che l’imperfezione riveli l’origine biologica. La linea di demarcazione tra autorizzato e non autorizzato si sposta così spesso da sembrare quasi arbitraria; l’unica cosa che si rafforza continuamente è il fatto stesso che vi sia una linea. Ma noi, con i nostri corpi porosi e le nostre ecologie già mutate, non possiamo certo pretendere che esista una forma di natura inalterata, incontaminata e sobria in cui animali come noi possano (o debbano) esistere e dare frutti.

L’intossicamento ha anche effetti inebrianti. «Sì, forse questi uccelli sono “incasinati” dal loro ambiente inquinato», scrive Pollock, ma «può essere divertente essere incasinati.» Sono i nostri atteggiamenti culturali a determinare quali sostanze sono veleni e quali droghe ricreative. Uno stato di ebbrezza può essere pericoloso, ma anche piacevole, e non ha nulla di particolarmente aberrante: l’idea che la sobrietà sia uno stato “naturale” di default è un’eccezione degli ultimi secoli di storia occidentale.

Nel Medioevo, ad esempio, in molte parti del mondo si consumavano bevande alcoliche fermentate perché spesso l’acqua non era potabile. L’ubriachezza non rientra nella nostra attuale concezione di purezza, ma lo stesso non vale per altri stati di alterazione chimica. Le sostanze farmacologiche sono approvate quando contribuiscono alla produttività, al benessere o a una qualche idea neurotipica di “normalità”. In risposta, alcuni hanno rivendicato una sorta di farma-potere per opporsi alle politiche conservatrici di purezza e a un’idea di “normalità” costantemente ridefinita di modo da risultare sempre sfuggente. Penso a di Paul B. Preciado, in cui narra con esuberanza, forse ironica, come abbia reinventato il proprio corpo attraverso l’uso del testosterone. Circa il 20-30% degli americani assume una forma di anticoncezionale ormonale, il che pare suggerire che modificare un presunto stato chimico di natura, quando si può scegliere di farlo, può essere liberatorio. La frase conclusiva del , un testo pubblicato online per la prima volta dal collettivo Laboria Cuboniks nel 2015, riassume questa prospettiva: «Se la natura è ingiusta, cambia natura!».

Nonostante le metamorfosi endocrinologiche e il calo dei tassi riproduttivi, gli ibis gay sembrano vivere a lungo e in salute. Pollock paragona il loro stato a ciò che alcuni teorici potrebbero chiamare “socialità queer”, dove qualsiasi distinzione morale, e in questo caso antropomorfa, tra tossico e sicuro, puro e artificiale, chimicamente neutro e chimicamente potenziato, può essere ribaltata e/o resa irrilevante attraverso l’ebbrezza dell’unione. Quegli uccelli hanno ancora una vita erotica e sociale. Soprattutto in un’epoca di estinzione di massa, non sarebbe ora di celebrare e gioire di ogni forma di vita?

In (2004), un libro fondamentale per la teoria queer, Lee Edelman sostiene che la politica come la conosciamo lavori sul «presupposto che il corpo politico debba sopravvivere» e che la queerness fornisca un quadro politico alternativo. In quanto termine e in quanto esperienza vissuta, la queerness «nomina la parte di chi non “lotta per i bambini” la parte estranea al consenso secondo cui ogni politica va incentrata sul valore assoluto del futurismo riproduttivo» – ed è qui che «la queerness raggiunge il suo valore etico». Come Edelman e molti altri, la provocazione di Pollock ci invita a ripensare al fatto che la «capacità di vita intergenerazionale» sia il di ogni vita, e si spinge oltre, suggerendo che la questione si applichi anche alle altre specie. Lo scopo della sua provocazione è portare gli umani a rivalutare la nostra spinta teleologica verso la vita intergenerazionale alla luce di tutte le altre vite, soprattutto quando l’attività umana è esattamente ciò che ha incasinato così tanto gli uccelli.

Paradiso in disfacimento


Nel romanzo breve (2018) di Jenny Hval, una ragazza norvegese, Johanna, si trasferisce in una città costiera in Australia per uno scambio accademico. Dopo una difficile ricerca, finisce per andare a vivere da Carral, un’australiana di mezza età che vive in una strana casa dentro un ex birrificio. La fabbrica è in disuso ma pare non aver smesso di fermentare. Al suo interno, tutto sta marcendo. Dal fondo della vasca da bagno spuntano colonie di funghi; il cestino trabocca di mele in...



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